ASSEGNAZIONE AGEVOLATA DEI BENI AI SOCI CON SUCCESSIVA CESSIONE EFFETTUATA DIRETTAMENTE DAI SOCI A TERZI

Una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (risoluzione 93/E del 17 ottobre 2016) si pronuncia in merito alla vendita a terzi da parte dei soci di beni immobili ricevuti in assegnazione dalla società utilizzando le agevolazioni fiscali introdotte dall’articolo 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), e dichiara che l’operazione non è in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario e che pertanto è pienamente legittima.

Il caso che ha originato la pronuncia è quello di una società di persone che ha rifiutato la vendita di immobili di sua proprietà, a causa dei rilevanti oneri fiscali cui sarebbe sottoposta la transazione, dato che la società, accettando la proposta, avrebbe realizzato una plusvalenza per un importo rilevante, con la conseguenza che, considerato il regime fiscale delle società di persone, i redditi personali dei soci e la misura delle addizionali comunale e regionale, anche l’onere fiscale complessivo a carico dei soci sarebbe risultato considerevole.

I soci, considerato che l’articolo 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha introdotto un regime di favore per l’estromissione degli immobili dalle imprese, con il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap, nonché altre agevolazioni sia nella individuazione del valore normale di assegnazione, sia nella misura delle imposte di registro ed ipocatastali, per evitare il carico fiscale descritto, hanno quindi deciso di assegnarsi i beni immobili della società al valore di mercato, con il pagamento dell’imposta sostitutiva prevista dalla norma, con l’intento di rivendere gli stessi allo stesso soggetto che si era offerto di acquistarli, realizzando così una plusvalenza imponibile solo sull’eventuale parte di corrispettivo eccedente il valore di assegnazione.

L’Agenzia, come sopra indicato, ha ritenuto, nonostante la correlazione e consequenzialità tra assegnazione e vendita, che tale operazione non configuri abuso del diritto e che pertanto il risparmio fiscale conseguito con la stessa sia legittimo.

L’agenzia infatti precisa che affinché un’operazione possa essere considerata abusiva occorre identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti:

– la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”

– l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;

– l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”.

L’assenza di uno dei tre presupposti determina perciò un giudizio di assenza di abusività.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate, analizzata la ratio della norma agevolativa introdotta dalla legge 28 dicembre 2015, che ha consentito di estromettere dal regime di impresa, a condizioni fiscali meno onerose di quelle ordinariamente previste, beni immobili di proprietà della società, afferma che l’eventuale cessione degli stessi immobili, effettuata dai soci in un momento successivo all’avvenuta assegnazione, è una facoltà che il legislatore non ha inteso vietare, con la conseguenza che il legittimo risparmio di imposta che deriva dall’operazione non è sindacabile.

Conclude la stessa Agenzia affermando che il regime agevolativo in esame è finalizzato alla fuoriuscita dalle società di immobili che potenzialmente potrebbero poi essere nuovamente immessi nel mercato, favorendo così la circolazione degli immobili e portando nuova linfa ad un mercato che versa in una situazione piuttosto stagnante.