La legge 2 aprile 2015 n. 44 (che entrerà in vigore il 6 maggio ma la cui applicazione è rinviata sino all’emanazione di un apposito regolamento da parte del Ministero dello Sviluppo Economico), ha modificato la disciplina in materia di prestito vitalizio ipotecario, introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 2 dicembre 2005 n. 248.

Il prestito vitalizio ipotecario, secondo l’originaria definizione, aveva per oggetto la concessione, da parte di aziende e di istituti di credito, di finanziamenti a medio e lungo termine, riservati a persone fisiche con età superiore ai 65 anni, con capitalizzazione annuale di interessi e di spese, e rimborso integrale in unica soluzione alla scadenza, assistiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali.

La ragione giustificatrice della norma era, e tale è rimasta anche a seguito della recente normativa, quella di agevolare il ricorso al credito da parte di persone anziane le quali, pur disponendo della casa di abitazione, sono sprovviste di sufficiente liquidità per far fronte alle proprie esigenze di vita, consentendo loro di contrarre un mutuo, garantito da ipoteca, offrendo uno strumento alternativo per procurarsi liquidità rispetto a quello, diffuso nella prassi, della vendita della nuda proprietà con riserva di usufrutto.

La nuova normativa, ad una prima analisi, introduce alcune importanti novità al descritto istituto:

1) si interviene sui requisiti soggettivi del soggetto finanziatore, sostituendo le parole “aziende ed istituti di credito” con il termine “banche”, e del soggetto finanziato, riducendo a 60 anni compiuti il limite di età per potere essere ammessi a chiedere un prestito vitalizio ipotecario;

2) viene precisato che il finanziamento deve essere garantito, sin dalla sua stipulazione, da ipoteca di primo grado su immobili residenziali;

3) si indica un termine di scadenza per tali finanziamenti, stabilendo che il prestito vitalizio ipotecario scade:

– al momento della morte del soggetto finanziato;

– qualora vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull’immobile dato in garanzia;

– qualora si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile;

4) si prevede che in presenza di una delle cause di scadenza sopra indicate, il soggetto finanziatore deve essere integralmente rimborsato entro dodici mesi. Decorso inutilmente tale termine il finanziatore può mettere in vendita l’immobile ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente incaricato dallo stesso, utilizzando le somme così ricavate dalla vendita per estinguere il prestito in questione. Se poi, trascorsi ulteriori dodici mesi, la vendita non sarà stata ancora perfezionata, tale valore viene decurtato del 15 per cento per ogni dodici mesi successivi fino al perfezionamento della vendita dell’immobile.

Qualora la scadenza del finanziamento avvenga per la morte del soggetto finanziato, e vi siano eredi, questi ultimi potranno provvedere essi stessi alla vendita dell’immobile, in accordo con il finanziatore, purché la compravendita si perfezioni entro dodici mesi dall’accordo stesso. Le eventuali somme rimanenti dopo la vendita, una volta estinto il credito, sono riconosciute al soggetto finanziato o ai suoi eredi o aventi causa;

5) viene introdotta la possibilità per il soggetto finanziato di concordare, al momento della stipulazione del contratto, una modalità di rimborso graduale della quota di interessi e delle spese. Le parti possono infatti prevedere che gli interessi e le spese:

– siano corrisposti contestualmente (e, quindi, che vengano capitalizzati in un’unica soluzione) alla scadenza del finanziamento;

– siano rimborsati gradualmente, prima del termine di scadenza, senza che ad essi si applichi la capitalizzazione annuale degli interessi.

Se le parti hanno previsto che gli interessi siano capitalizzati alla scadenza del contratto, la somma inizialmente ricevuta dalla banca, relativamente modesta, potrebbe diventare molto alta dopo molti anni perché, in buona sostanza, le banche possono fare col vitalizio ipotecario ciò che è ad esse vietato per gli altri tipi di finanziamento, ossia far pagare gli interessi sugli interessi (c.d. anatocismo).

Se, invece, le parti prevedono una modalità diversa di rimborso, con pagamento annuale degli interessi, la somma totale da rimborsare sarà inferiore, con il rischio però che, se non si pagano più di sette rate, anche non consecutive, la banca può chiedere la risoluzione del contratto di finanziamento e la immediata restituzione di tutto quanto dovuto. La nuova normativa prevede infatti che in caso di inadempimento del rimborso degli interessi e delle spese, si applichi la regola contenuta nell’articolo 40, comma 2 del D.lgs. 385/93 (Testo Unico Bancario) secondo la quale la banca potrà chiedere la risoluzione del contratto nel caso di ritardato pagamento verificatosi almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine si considera ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo ed il centottantesimo giorno dalla scadenza della rata.