CONIUGI IN COMUNIONE LEGALE DEI BENI E SEQUESTRO DEI BENI DELLA MOGLIE PER REATI TRIBUTARI DEL MARITO

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6595/2017 del 13 febbraio 2017 ha chiarito che è legittimo il sequestro dei beni della moglie in caso di condanna del marito per reati tributari qualora i coniugi si trovino in regime di comunione legale dei beni.

La fattispecie da cui nasce la pronuncia è quella di due coniugi in comunione dei beni, in cui il marito è stato condannato per reati tributari ed in conseguenza dei quali alla moglie sono sequestrati gioielli propri.

Il Tribunale di Roma, su istanza del coniuge aveva rigettato il sequestro dei beni della moglie disposto dal Gip prevedendo la restituzione degli stessi in quanto non di proprietà e disponibilità del marito ritenuto responsabile. Il PM resisteva ricorrendo in Cassazione sostenendo che il sequestro aveva ad oggetto quei beni della moglie per i quali la stessa non aveva fornito prova di averne l’esclusiva disponibilità e un reddito sufficiente tale da giustificarne l’acquisto e che di conseguenza, in difetto di prova contraria, dovevano ritenersi anche di proprietà del marito per effetto dell’automatismo che l’acquisto in regime di comunione legale comporta.

La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso del PM innanzitutto perchè la confisca dei beni va ordinata su beni di cui il condannato ha anche solo la disponibilità, ovvero l’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà, ancorchè tale esercizio sia effettuato per il tramite di terzi (ad esempio prestando o permettendo che i beni siano utilizzati da altri soggetti), inoltre, nel caso di specie, risulta determinante la circostanza che i due coniugi siano in regime di comunione di beni. Infatti sottolinea testualmente che “è evidente che, in caso di comunione legale dei beni, gli acquisti effettuati dopo il matrimonio sono di proprietà anche dell’altro coniuge a meno che non si tratti di beni di uso strettamente personale del tutto sottratti alla disponibilità dell’altro.”

Per quanto riguarda il ricorso al criterio del reddito per verificare la capacità di acquistare i preziosi, secondo la Suprema Corte questa valutazione può avere rilevanza solo se gli acquisti siano effettuati da coniugi in regime di separazione dei beni.

Il principio che la sentenza applica al caso in esame, e che si vuole evidenziare in questa sede avente portata più generale, è l’assoggettabilità di beni del coniuge in regime di comunione legale per le obbligazioni sorte in capo all’altro coniuge ad eccezione di quelli personali, intendendosi per tali quelli di uso strettamente personale e, come tali, sottratti alla disponibilità dell’altro coniuge. L’art. 189 c.c. infatti stabilisce che i beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali del coniuge, delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell’altro. I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto anteriormente al matrimonio, possono quindi soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Nel caso in esame infatti, in mancanza della prova che i gioielli fossero nella esclusiva disponibilità e di uso strettamente personale della moglie, si è presunto che gli stessi fossero beni della comunione e pertanto aggredibili dai creditori del marito. L’art. 190 c.c. inoltre statuisce che i creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti. Ad esempio, in caso di acquisto da parte dei coniugi di un’autovettura dopo il matrimonio (bene della comunione) con un finanziamento di successiva incapacità economica di soddisfare, con beni della comunione, il residuo debito pari, ad esempio, ad euro 20.000,00, i beni personali dei coniugi risponderebbero per l’importo di euro 10.000,00.

Alla luce di questa recente sentenza e dei principi che regolano la responsabilità dei beni della comunione legale così come indicati dagli artt. 189 e 190 c.c., è sicuramente consigliato valutare con attenzione l’opportunità di addivenire alla separazione dei beni in modo da avere più certezza in esito alla loro insensibilità nei confronti delle obbligazioni contratte dall’altro coniuge.

La separazione dei beni comporta inoltre la formazione di due masse patrimoniali del tutto distinte con debitori e creditori separati.