Nella consulenza giuridica n. 954-55/2014 del 16 ottobre 2014 l’Agenzia delle Entrate ritorna sulla questione, molto dibattuta, del regime fiscale applicabile ai proventi delle società tra professionisti (STP).

Il chiarimento nasce in risposta ad un interpello presentato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Trento, secondo il quale il reddito prodotto da una STP costituita in forma di SRL andrebbe  inquadrato nella categoria dei redditi di lavoro autonomo di cui agli art. 53 e 54 del DPR 22 dicembre 1986 n. 917 e non in quella del reddito d’impresa, in quanto occorrerebbe tener conto dell’elemento oggettivo dell’attività di tipo professionale svolta e non di quello soggettivo del tipo di ente giuridico scelto.

La questiona posta non è di scarsa importanza pratica in quanto assimilare i proventi delle società tra professionisti al reddito di impresa in luogo del reddito da lavoro autonomo significherebbe assoggettarli alla più bassa aliquota dell’Ires (27,50%)

L’Agenzia delle Entrate sostiene la linea secondo cui le STP producono reddito d’impresa e non di lavoro autonomo e a sostegno della tesi ricorda che l’art. 10 della legge di Stabilità per l’anno 2012 (legge 12.11.2011 n. 183) disciplina la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali e che queste sono regolamentate secondo i modelli societari previsti dai titoli V e VI del libro V del Codice civile, vale a dire società di persone, società di capitali e cooperative. La normativa stabilisce che possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda, fra l’altro, l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci e l’ammissione, in qualità di soci, dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, ovvero di soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento, sempreché il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale degli stessi sia tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.

Le STP, dal punto di vista giuridico, non costituiscono, quindi, un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dal codice civile, con la conseguenza che le stesse sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto, salve unicamente le deroghe e le integrazioni espressamente previste dalla normativa speciale in relazione al loro particolare oggetto.

L’Agenzia delle Entrate, partendo da tale assunto, afferma che le STP, anche dal punto di vista fiscale, siano soggette al regime previsto per il tipo prescelto e siano pertanto sottoposte alle previsioni di cui agli articoli 6, ultimo comma, e 81 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) per effetto delle quali il reddito complessivo delle società di persone e di capitali, nonchè degli enti pubblici e privati diversi dalle società che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, è considerato reddito d’impresa.

L’Agenzia delle Entrate non riconosce quindi alcuna rilevanza, ai fini della qualificazione del reddito prodotto dalle STP, all’esercizio dell’attività professionale.

Alla luce di questa interpretazione la società professionale in forma di società di capitali sarà soggetta a Ires mentre quelle costituite in forma di società di persone, escluse solo le società semplici, sconteranno l’Irpef.

Appare prevedibile prevedere che la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate contribuisca a far aumentare il ricorso alle STP soprattutto costituite in forma di società di capitali in considerazione del possibile vantaggio fiscale. Un’ultima remora potrebbe essere costituita dall’assicurazione professionale cui i soci sono obbligatoriamente tenuti a stipulare in quanto nella prassi viene talvolta richiesto di assicurare sia la STP che il singolo professionista con un una indebita duplicazione di costi.