Con il decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (conv. con mod. dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221) il legislatore ha istituito il cd. “work for equity”. Questo strumento è previsto per le società che rivestono la qualifica di startup secondo la definizione prevista nella stessa legge e non quindi in senso economico di società di nuova costituzione (cd. newco). Sono infatti riconosciute quali startup quelle società, indipendentemente dal tipo societario prescelto, che rispondono a precisi criteri quali:

  • essere costituite e svolgere attività d’impresa da non più di 48 mesi;
  • avere la sede principale dei propri affari e interessi in Italia;
  • non avere un fatturato annuo superiore a 5 milioni di euro;
  • non distribuire e non avere distribuito utili;
  • avere quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore teFOR EQUITYcnologico;
  • non essere state costituite da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;
  • possedere almeno uno dei seguenti ulteriori requisiti:
    • operare investimenti rilevanti in ricerca e sviluppo;
    • impiegare come dipendenti o collaboratori personale in possesso di dottorato di ricerca o che abbia svolto attività di ricerca;
    • essere titolari o depositari o licenziatari di almeno una privativa.

Tale istituto serve quindi alle imprese innovative che si trovano nella fase iniziale della loro vita, caratterizzate da scarsa liquidità, e che devono avvalersi di professionalità qualificate. Tramite il work for equity una startup innovativa può emettere strumenti finanziari, azioni, quote o diritti di acquisto quale controprestazione a favore di soggetti che hanno collaborato con l’impresa, remunerandoli, in buona sostanza, per le prestazioni svolte mediante capitale di rischio.

La nuova normativa non ha solo lo scopo di consentire alla società di acquisire prestazioni professionali qualificate senza ricorrere alla liquidità, bensì anche quello di fidelizzare detti operatori rendendoli, quali soci, titolari di un diretto interesse al buon andamento dell’impresa. I soggetti che possono avvalersi di tale strumento possono essere tanto “interni” alla società, quali amministratori, dipendenti (anche a tempo determinato e/o part-time), collaboratori continuativi, quanto “esterni”, come i professionisti prestatori di opere e servizi, tra cui avvocati, notai e commercialisti.

L’operazione in parola si snoda attraverso due fasi. La prima è di competenza dell’organo amministrativo che è chiamato a predisporre concretamente il piano di attuazione. La seconda è data dall’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria dei soci del piano stesso e unitamente, se del caso, del relativo aumento di capitale funzionale a rendere disponibile le partecipazioni o strumenti da attribuire.

Predisposizione e deliberazione del piano danno luogo alla proposta contrattuale, la quale dovrà essere accettata dai beneficiari per concludere il cd. contratto di work for equity. L’accettazione si perfezionerà mediante la sottoscrizione di un’apposita scheda redatta dall’organo amministrativo, il quale dovrà accertare la sussistenza e il mantenimento dei requisiti soggettivi dell’accettante. Detto accordo andrà ad integrare la disciplina tipica del contratto di lavoro o del rapporto di natura autonoma o commerciale in corso con il collaboratore della startup.

L’emissione delle partecipazioni assegnate a favore dei collaboratori interni e di quelli esterni all’impresa è accompagnata da un trattamento fiscale di favore.

Per gli operatori interni, ossia amministratori o dipendenti della società, il beneficio fiscale è duplice e consiste:

  • nell’esenzione delle partecipazioni alla formazione del reddito da lavoro, anche se ad esse dovrà essere fatto ugualmente richiamo in sede di dichiarazione dei redditi;
  • nella tassazione con l’ordinaria aliquota del capital gain in luogo di quella generalmente applicata ai redditi da lavoro dipendente dell’eventuale plusvalenza realizzata tramite vendita degli strumenti finanziari. Tale beneficio verrà tuttavia meno in caso di cessione alla società emittente, alla propria controllante o a società dalla stessa controllate.

La ratio della normativa è quella di promuovere la sola fase di avviamento della società, venendo meno il vantaggio fiscale allo scadere di 4 anni dalla sua costituzione o dalla sua iscrizione nel registro speciale del Registro delle imprese o dalla perdita di uno dei requisiti necessari per mantenere la qualifica di startup.

Per gli operatori esterni alla società il regime fiscale è il medesimo a quello appena descritto, in quanto anche nel loro caso l’assegnazione di partecipazioni emesse a fronte della prestazione di servizi professionali non concorre alla formazione del reddito complessivo: l’unica differenza è rappresentata dal fatto che il beneficio non cessa se gli strumenti vengono riacquistati direttamente o indirettamente, dalla startup stessa.

Per i dipendenti occorre specificare che, secondo le regole del diritto del lavoro, la retribuzione deve necessariamente avere una componente fissa, non potendo essere costituita solo da una remunerazione variabile. Per gli amministratori, invece, parte della dottrina segnala come non sia opportuno che la loro retribuzione sia interamente così costituita per evitare che il loro operato possa essere eccessivamente influenzato da tale operazione.

In conclusione, gli aspetti che rendono interessante il ricorso al work for equity sono dati dal regime fiscale di favore e dall’estensione della possibilità di emettere strumenti finanziari anche alle SRL startup innovative, analogamente a quanto già codicisticamente può avvenire per le SPA; la disciplina di queste, secondo parte degli interpreti, può essere applicata analogicamente alle prime al fine di colmare le lacune normative. Il regime fiscale di favore introdotto dal legislatore costituisce un notevole incentivo all’emissione di strumenti finanziari per remunerare i collaboratori dell’impresa e, insieme all’aiuto di un professionista qualificato, permetterà alla stessa di muovere “i primi passi” nella maniera ottimale senza indebitarsi eccessivamente.

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